Qualche giorno fa, sono andato a
trovare i miei genitori. Dopo il pensionamento di mio padre, si sono
trasferiti fuori Roma, nei pressi di Cerveteri, invecchiando hanno
optato per uno stile di vita più sano, una casa con un giardino, un
piccolo orto, galline ovaiole e due cani. La scelta radicale, con gli
anni si è rivelata vincente, oggi sono una bella coppia di
ottantenni, sobri e rilassati.
Erano passati diversi mesi dall'ultima
volta che avevamo pranzato insieme solo noi tre, a tavola tra un
piatto di spaghetti e una frittata, mi fanno un
recap sulle vicissitudini di zii, cugini, e amici di famiglia, poi
mia madre si alza per preparare il caffè e con tono preoccupato mi
dice < Hai letto di quel ragazzino gay di quattordici anni, che si
è suicidato? > ...< si mamma ho letto > , mentre avvita la moka e la mette sul fuoco, continua < A volte ci penso, penso al
mondo triste che stiamo lasciando noi vecchi, i giovani non imparano
mai dagli errori e dalle mancanze degli adulti, se un giovane si
toglie la vita è perché prima è stato escluso e non è stato messo
in condizione di esprimersi liberamente >, mio padre prende la
parola < Noi, che tu eri gay, lo avevamo capito fin da quando eri
piccolo, eravamo preoccupati, non avevamo gli strumenti per
affrontare questa cosa e ci illudevamo che non fosse vero, fino a
voler credere che le nostre certezze fossero solo sensazioni
sbagliate; però questo succedeva più di trent'anni fa e sapere che in Italia esistono ancora genitori che non sono in grado
di comprendere e rassicurare i loro figlioletti gay , mi dispiace > ... mia madre
versa il caffè nelle tazzine, le poggia sul tavolo, si siede e
mentre le zucchera mi dice < Questa notizia mi ha fatto venire in
mente una cosa che mi capitò quando avevo io quattordici anni,
mentre tornavo a casa notai che un ragazzino magrolino, veniva preso
in giro da un guppetto di coetanei, “brutto gay” gli dicevano,
“fai schifo, sei malato”, lui piangeva e li suplicava , loro continuavano a dirgli “gay! Sporco gay”, mi sono avvicinata, avevo paura e mi sudavano le mani, ma ho iniziato comunque a urlagli contro; vergognatevi! Lasciatelo perdere, voi siete in tanti e lui
e solo, andate via. Lo dissi a brutto muso e loro sorpresi e
disorientati se ne andarono, il ragazzino, mi
ha guardato per un attimo e poi è scappato via >, finisco di
bere il caffè, la guardo intenerito ... mia madre giovane eroina
della causa, però c'è una cosa che non mi quadra in questo racconto
e glie lo dico sorridendo < Però, mamma mi risulta difficile,
pensare che in una borgata romana degli anni '40 usassero la parola
gay > … < E' vero, gli gridavano “frocio”, ma è una
parola brutta, nata per offendere, è una
parola che mi imbarazza dirla, specialmente davanti a te che sei mio
figlio e che ti amo tanto >.
Tornando a casa, venne in mente anche a me un aneddoto,
che dopo le parole di mio padre, rilessi in maniera più complessa;
Avevo anche io quattordici anni, frequentavo il primo anno
dell'istituto d'arte ed ero affascinato dal movimento punk, come
molti ragazzini, sperimentavo una identità sociale possibile,
portando i capelli con una piccola cresta rossa e un giorno, mio zio si
rivolse a mio padre con me presente < Ma, tuo figlio che si tinge
i capelli? Sarà mica un frocio ?! > , quelle parole mi
arrivarono come una bastonata in faccia, ero stato scoperto, non sapevo come
reagire ... mio padre guardandomi fisso negli occhi, gli rispose a
tono < Mio figlio è solo un ragazzo e può fare quello che vuole ! > , poi girando lo sguardo verso mio zio aggiunse < Non mi piace che usi questi termini davanti a lui > .
Durante l'adolescenza, mi è capitato più volte di essere preso in giro, umiliato e di sentirmi oppresso; Ma quella fiducia che mio padre mi aveva accordato "di poter fare quello che volevo” , quella comprensione nel suo sguardo, per me sono state un appiglio e hanno
contribuito a rafforzami, mettermi alla prova e dare un senso alla mia ricerca di individuo, ad evitare
di sentirmi totalmente sbagliato e perché no; Magari ad evitare che, in un
momento di smarrimento ... decidessi di farla finita.